Nella nuova serie per What’s in a Lamp?, Giona Maiarelli celebra l’iconicità delle lampade Foscarini intrecciando la cultura italiana e quella americana in collage che danno nuovi significati agli oggetti, combinando immagini tratte da vecchie riviste, libri e fotografie d’epoca, reinterpretate attraverso memoria e fantasia.
Artista, graphic designer e curatore, Giona Maiarelli, nato in Italia e residente negli Stati Uniti da oltre venticinque anni, incarna un ponte creativo tra due culture. La sua produzione artistica si concentra sul collage, una forma espressiva profondamente legata alla casualità e alla serendipità, in cui combina intuizione, tattilità con una sensibilità estetica che è un tributo alla capacità dell’arte di creare connessioni inaspettate.
Nella sua serie per What’s in a Lamp? Giona Maiarelli ha creato una serie di collage che intrecciano la cultura italiana ad un’affascinante esplorazione dell’immaginario collettivo americano. Al centro di queste opere, alcune lampade iconiche di Foscarini – tra cui Aplomb, Binic, Caboche, Chouchin, Nuée e Spokes – si fondono con immagini tratte da vecchie riviste, libri e fotografie d’epoca per creare composizioni originali, in un dialogo visivo che esalta le qualità estetiche di ogni lampada, collocandola nel contesto del mito americano con accenti talvolta ironici, talvolta romantici.
“Il mio obiettivo era esplorare la tensione tra la raffinata estetica italiana delle lampade Foscarini e la pragmatica ruvidezza del paesaggio americano,” racconta Maiarelli. Nella sua interpretazione artistica Caboche diventa un gioiello circolare accostato ai serbatoi d’acqua americani, mentre Spokes, con i suoi raggi, rimanda ai caotici fili dell’elettricità su cui si poggiano gli uccelli. Chouchin, invece, si trasforma in un oggetto volante, un riferimento alla fascinazione americana per i fenomeni extraterrestri. Ogni lampada diventa quindi protagonista di un racconto visivo che mescola design e narrazione, estetica e immaginazione.
Scopri di più sulla collaborazione con Giona Maiarelli e la serie completa sul canale Instagram @foscarinilamps, e ed esplora tutte le opere del progetto What’s in a Lamp?, dove artisti internazionali sono chiamati a interpretare la luce e le lampade Foscarini.
Ciao Giona, puoi raccontarci qualcosa del tuo percorso artistico? Come sei arrivato ad abbracciare l’arte del collage e cosa rappresenta per te questa forma espressiva?
Agli inizi della mia carriera di graphic designer amavo riciclare in un collage gli scarti di carte e cartoncini usati nelle presentazioni. Intravedevo delle possibilità espressive nei rifiuti del mio lavoro. Poi una lunga pausa dedicata alla professione, sempre però attratto dal Dadaismo e dal collage, in particolare quelli dell’artista e poeta Jiří Kolář. Infine nel 2016 la decisione di ridedicarmi alla mia passione.
“Ritrovare” il collage a distanza di anni ha significato riscoprire il piacere di creare con le mani che, facendo da tramite tra la mente ed il foglio, diventano parti attive nella creazione. Ritagli di carta si muovono sul cartoncino, l’intuizione diventa azione, fino a quando la composizione si rivela. Ma il ciclo non è completo fino a quando il collage non viene visto da uno spettatore. È solo quando vedo il collage attraverso gli occhi di una altra persona che il ciclo si conclude.
Il tuo approccio al collage è immediatamente riconoscibile e unico. Come descriveresti il tuo stile? Quali sono gli elementi distintivi che lo caratterizzano?
Il caso ha un ruolo fondamentale nelle mie composizioni: anche quando intendo comunicare un’idea specifica, il collage si rifiuta di essere accondiscendente e mi rivela possibilità espressive e compositive che non avevo considerato. Poi c’è il piacere della sorpresa: trovare un libro da cui asportare immagini in una libreria dell’usato, scoprire potenziale in immagini che avevo inizialmente scartato, la sorpresa, infine, di una composizione che si rivela casualmente sulla pagina. Ogni serie di collage ha un tema di partenza, ma l’istinto gioca una parte indispensabile.
Da dove nasce la tua ispirazione?
L’ispirazione nasce parallelamente al lavoro. Quando comincio una serie di collage non ho un’idea in mente, solo il materiale con cui ho deciso di lavorare, scelto sulla base di una intuizione. Dopo qualche ora, o a volte qualche giorno, le idee emergono da sole attraverso il lavoro stesso.
Cosa ti attrae maggiormente della realtà che ti circonda e come traduci queste suggestioni nei tuoi lavori?
La maggior parte delle serie di collage che ho prodotto sono indagini sul mio personale immaginario americano: i paesaggi dell’ovest degli Stati Uniti, l’architettura modernista dei grattacieli del dopoguerra a New York e le case Case Study californiane, la Hollywood del passato, le pagine del New York Times. Forse inconsciamente sto metabolizzando la mia decisione di trasferirmi negli Stati Uniti, riappropriandomi di immagini che erano presenti nel mio inconscio.
Nel progetto “What’s in a lamp?” per Foscarini, hai creato composizioni che associano le lampade a immagini evocative, talvolta ironiche, talvolta poetiche. Puoi svelarci l’ispirazione e il processo creativo dietro a questo lavoro?
Per “What’s in a lamp” ho voluto collocare le lampade di Foscarini in un contesto americano. Mi sembrava la scelta più ovvia dovuta al fatto che risiedo negli Stati Uniti e il patrimonio visivo americano fa parte del mio vocabolario artistico.
In questa serie emerge infatti molto chiaramente il dialogo tra le due culture, quella italiana e quella americana. Come queste due realtà si incontrano e si fondono nelle tue composizioni?
Il mio obbiettivo era quello di esplorare la tensione tra la raffinata estetica italiana delle lampade di Foscarini e la pragmatica ruvidezza del paesaggio americano, giocando con le dimensioni ed il contrasto tra le immagini a colori dei prodotti e le immagini in bianco e nero dei paesaggi. Alla fine questi due mondi, così apparentemente distanti, si sono sciolti in un abbraccio, a volte ironico e a volte poetico.
Quali elementi specifici dell’immaginario collettivo americano hai portato nei collage creati per “What’s in a lamp?”?
La forma e il materiale delle varie lampade hanno suggerito delle strade. Caboche si è presentata come un prezioso monile circolare da sposare con un austero elemento del paesaggio americano quali i serbatoi d’acqua. Aplomb si è inserita sul viso dell’uomo americano “ideale”, creato combinando i ritratti di 5 presidenti americani, sostituendo la sua apertura luminosa a un telegenico sorriso. Spokes, con i suoi raggi filiformi, rimanda ai caotici fili dell’elettricità che si aggrovigliano nei cieli americani, da cui gli uccelli ci osservano, e non manca di ricordarci la sua vocazione di elegante voliera. Binic, mi ha ricordato una luminosa luna piena e mi ha spinto verso le immagini legate all’esplorazione americana del nostro satellite. Sapevo fin dall’inizio che almeno una delle lampade sarebbe diventata un oggetto volante, fenomeno tipicamente americano e fonte di ingenue teorie cospiratorie. Questa sorte è toccata a Chouchin, lucente e tecnicamente esemplare, come immagino possa essere un oggetto volante proveniente da una civiltà più evoluta della nostra, che coglie di sorpresa dei passanti. Nuee è una nuvola leggiadra che intercetta la nostra spericolata tuffatrice e la accompagna in un viaggio magico.
Quali artisti o influenze hanno maggiormente contribuito alla formazione della tua visione artistica? Chi consideri i tuoi maestri?
L’artista e poeta ceco Jiří Kolář, che ho citato prima, ha avuto una grande influenza sul mio lavoro. E poi l’attitudine scanzonata dei movimenti Dada e Futurista.
Hai una ritualità o segui particolari abitudini quando lavori ai tuoi collage?
Musica, sempre.
Cos’è per te la creatività?
Il mio mentore, Milton Glaser, diceva che la creatività non esiste; esiste solo l’immaginazione. La creatività non è altro che la facoltà di immaginare, e poi creare, mondi che ancora non esistono.
Scopri di più sulla collaborazione con Giona Maiarelli e la serie completa sul canale Instagram @foscarinilamps, ed esplora tutte le opere del progetto What’s in a Lamp?, dove artisti internazionali sono chiamati a interpretare la luce e le lampade Foscarini.