Illuminare l’Invisibile: le illusioni ottiche di Lee Wagstaff per What’s in a Lamp?
La nuova serie del progetto editoriale “What’s in a Lamp?” ci invita a guardare le cose da una prospettiva diversa. I pattern geometrici di Lee Wagstaff nascondono più di quanto possa emergere al primo sguardo rivelando realtà alternative e personaggi fantastici nelle forme delle lampade Foscarini.
Il percorso artistico di Lee Wagstaff, dalla precoce passione per i disegni scientifici durante l’infanzia fino alla formazione artistica alla scuola St. Martins e al Royal College of Art di Londra, è segnato dall’esplorazione creativa dei pattern e delle geometrie e trova espressione nel suo stile unico, caratterizzato da una dinamica combinazione di forme e colori. Nell’arte di Wagstaff, l’osservazione è fondamentale. La sua estetica richiama le illusioni dell’Optical Art, i paesaggi onirici del Surrealismo e la vivacità della Pop Art, e riesce a suscitare meraviglia e curiosità sfidando la percezione. Se l’osservazione profonda delle sue opere rivela infatti dettagli intricati, allontanandosi si rivelano invece volti nascosti, personaggi e storie.
Nella sua serie per il progetto “What’s in a Lamp?” di Foscarini l’artista britannico crea un universo parallelo abitato da maghi, giullari e spiriti, i cui volti enigmatici emergono tra intricati intrecci geometrici dai colori vivaci. La collezione Foscarini, con le sue molteplici lampade caratterizzate da personalità diverse, stimola l’immaginazione di Lee Wagstaff, ispirandolo a immaginare e creare storie e personaggi fantastici. E così prendono vita il vivace giullare Orbital e il mistico genio Plass; Caboche si trasforma in una saggia sovrana dai mille occhi e le forme diverse di Spokes incarnano misteriosi spiriti.
“Cerco di catturare un senso di mistero o un’essenza, invitando l’osservatore a non fidarsi dei propri sensi. Inizio individuando dei volti, che gradualmente si caricano di personalità. Suggerisco appena la loro presenza, permettendo allo spettatore di costruire il personaggio nella propria mente e meravigliarsi della sua scoperta.”
Lee Wagstaff
Scopri tutte le opere della serie sul profilo Instagram @foscarinilamps e lasciati ispirare dal percorso artistico di Wagstaff e dalla sua visione creativa leggendo la nostra intervista.
Raccontaci un po’ di te e del tuo percorso. Dove è iniziato tutto? Come sei diventato un artista?
Ero un bambino molto tranquillo e introverso, quindi disegnavo molto, soprattutto la natura. A scuola mi piacevano molto le lezioni di scienze, non tanto per le nozioni, ma perché mi piaceva arricchire di disegni i miei compiti a casa. Il mondo dell’arte è qualcosa a cui sono arrivato per il fatto che avevo alcuni amici artisti, con cui ho frequentato dei corsi serali. Con il tempo, ho approfondito i miei studi alla St. Martins e poi al Royal College of Art di Londra. Per me, l’arte non è mai stata un percorso professionale, ma un modo per osservare il mondo più intensamente.
La tua estetica artistica è straordinariamente unica, con pattern ipnotici che rivelano volti realistici quando osservati da lontano. Come definiresti il tuo stile?
La gente me lo chiede spesso. Ho sempre amato i pattern e la geometria da quando riesco a ricordare e probabilmente c’è una connessione tra questo e la mia passione infantile per i disegni scientifici. In biologia ci sono molti pattern. Quando ho iniziato a studiare arte, ho voluto esplorare pattern più definiti e rigorosi. Nel mio lavoro si possono trovare elementi di Optical Art, Pop Art, Surrealismo e astrazione. Direi che mi piace lavorare seguendo una struttura, ma cerco sempre di spingere i miei limiti sia dal punto di vista tecnico che intellettuale.
Come si è evoluto nel tempo il tuo stile espressivo? È stato uno sviluppo naturale o il risultato di una ricerca e sperimentazione intenzionali?
Sperimento molto. Ci sono voluti anni perché la mia arte diventasse quello che è ora e spero che continui a evolversi nel tempo. Che ci crediate o no, il mio obiettivo a lungo termine è raggiungere uno stile artistico il più semplice possibile, ma sento sia necessario attraversare una fase di maggiore complessità per arrivarci.
Perché i pattern giocano un ruolo così significativo? Che significato hanno per te?
I pattern sono indicatori, aiutano a prevedere le cose. Sono interessato a tutti i tipi di pattern, non solo quelli decorativi, ma anche pattern comportamentali o nel trovare pattern nella storia. La mia ricerca consiste nel trovare connessioni tra oggetti, eventi o persone che, a prima vista, sembrano non correlati.
Qual è il tuo processo creativo quando lavori alle tue opere? Hai dei rituali o abitudini ricorrenti?
Sì, ho dei rituali ben definiti per quanto riguarda gli orari e il luogo in cui lavoro, i materiali che utilizzo, eccetera. Di solito, lavoro contemporaneamente su almeno sei dipinti, o anche di più, e ne distruggo molti nel corso del processo creativo.
Puoi raccontarci qualcosa del tuo processo creativo e narrativo, specialmente in questa serie?
Questo progetto è stato un’esperienza interessante e più impegnativa di quanto mi aspettassi. Non avevo mai affrontato prima il compito di interpretare la visione artistica di altri attraverso il mio stile. Ho cercato di essere rispettoso nei confronti dei designer, ma anche fedele alla mia visione. Lavorare su questo progetto mi ha spinto a essere più audace nell’esplorare le possibilità dei colori e ad immaginare che questi oggetti/personaggi possono esistere nella realtà.
Di solito, il mio processo inizia con un’attenta osservazione dei pattern e delle forme, poi immagino volti, e poi i volti iniziano ad assumere una personalità. Il mio obiettivo artistico è catturare un senso di mistero o un’essenza, ma voglio anche che chi osserva sia spinto inizialmente a non fidarsi dei propri sensi, per poi meravigliarsi di quello che pensa di essere riuscito a scorgere. Lascio che lo spettatore costruisca il personaggio nella propria mente; forse gli ricorderà qualcuno che conosce o un volto che ha visto da qualche parte.
Puoi descrivere i personaggi che hai immaginato per la serie “What’s in a Lamp?” e cosa li ha ispirati?
Non appena ho visto le lampade della collezione Foscarini ho subito notato che i designer condividono la mia passione per i pattern e le forme. Immediatamente ho iniziato a vedere dei volti all’interno o intorno alle lampade e a dar vita a personaggi ispirandomi ai loro nomi suggestivi. Plass è uno spirito magico, simile a un genio racchiuso in un contenitore, che osserva il mondo attraverso la sua superficie cristallina, in attesa di esaudire un desiderio o fare una profezia. Orbital è un giullare, sempre pronto a portare gioia con le sue forme e i suoi colori, un compagno fedele nei giorni belli e in quelli difficili. Gregg è una dea nata da un uovo cosmico che risplende e illumina; la sua bellezza è eterna, il suo bagliore soprannaturale. Spokes sono tre spiriti timidi, tre sorelle che appaiono solo a chi ha una fervida immaginazione e la pazienza di osservare e attendere. Quando le ombre si spostano, è lì che le sorelle appaiono. Caboche è una sovrana dai mille occhi. Il suo diadema le copre il volto, ogni sfera è una lente. Lei vede tutto e sa tutto. E la sua sola presenza getta bellezza e saggezza su tutto ciò che le sta attorno. Sun Light of Love un autentico essere celeste. Durante il giorno, si presenta come una silhouette puntuta e curiosa, un pianeta dai misteri nascosti; di notte, brilla come una stella ardente, un vero faro dell’amore.
Tra le opere della tua serie “What’s in a Lamp?”, qual è la tua preferita? Cosa la rende speciale?
È abbastanza difficile scegliere, mi sento molto legato a tutte e sei le lampade che ho ritratto. Ho passato molto tempo a guardarle e ad immaginare cosa avrei potuto aggiungere a quelle forme. Se dovessi sceglierne una, sarebbe Gregg, perché è una forma geometrica unica a sé stante, che è un blocco di partenza per creare qualsiasi pattern. È elegante nella sua semplicità e ha una presenza affascinante e calma. Ovunque si trovi, ha il potere discreto e gentile di migliorare l’ambiente circostante, sia che si tratti di spazi interni o esterni, grandi o piccoli.
Hai mai considerato l’integrazione dell’intelligenza artificiale nel tuo processo artistico? Secondo te, l’IA potrebbe favorire l’innovazione e ampliare l’espressione artistica?
Mi è capitato di utilizzare le “Reti Generative Avversarie” (GAN) per creare volti simmetrici unici per i miei dipinti. La tecnologia GAN che utilizzavo permetteva di “incrociare” uno specifico volto con altre migliaia di volti con cui il sistema era stato alimentato e addestrato. Questo rendeva possibile introdurre più facilmente i tratti specifici di familiari, ad esempio, o del viso della Monna Lisa. Dal mio punto di vista, si tratta semplicemente di uno strumento, come Photoshop, o una penna. I programmi di intelligenza artificiale sono divertenti e possono aiutare in molti progetti. L’IA è espansiva, e in questo senso permette a molte più persone di partecipare alla creazione di immagini e idee, tuttavia, pur potendo creare contenuti, non ha immaginazione, e questo è qualcosa che, al momento, non può essere insegnato. Il modo in cui funzionano le piattaforme di IA più popolari è una sorta di riorganizzazione predittiva dei dati. Per me, è uno strumento sorprendente, specialmente per la velocità, ma i risultati sono per lo più deludenti perché spesso sono molto populisti, persino prevedibili.
Cos’è la creatività per te?
Per me, la creatività è partire da nulla o da pochissimo e trasformare un’idea in qualcosa di concreto, che possa essere condiviso o utilizzato. È risolvere un problema, ma non sempre nel modo più semplice o ovvio.