Scegli il paese o il territorio in cui ti trovi per vedere i contenuti locali.

Italiano

it

La narrazione è un aspetto fondamentale di qualsiasi opera visiva.

27/01/2023
min read

Writer, illustratore, tatuatore: l’universo visivo di Luca Font si compone di media eterogenei, accomunati da uno stile distintivo che denota uno spiccato gusto per l’astrazione, il design grafico e la tipografia. Nella serie di illustrazioni realizzate per il progetto “What’s in a lamp?” di Foscarini, Font racconta visivamente il ruolo della luce e delle lampade Foscarini nel definire e conferire personalità ad un ambiente.

Luca Font è uno degli artisti parte del progetto “What’s in a lamp?”, che trasforma il feed del canale Instagram @foscarinilamps in un luogo virtuale che dà voce ad esponenti noti o emergenti del mondo delle arti visive, che sono invitati a lasciarsi ispirare e “giocare” con le lampade Foscarini, ognuna caratterizzata da stili, materiali, designer diversi tra loro.

Writer, illustratore, tatuatore: Luca Font, nato a Bergamo nel 1977, vive tra Milano e New York, la metropoli culla del Graffitismo, ed è proprio la passione per i graffiti che ne segna gli esordi come artista. Da treni e muri, ai tatuaggi, alla carta, all’arte digitale: l’universo visivo di Luca Font si compone di media eterogenei, accomunati da uno stile trasversale e distintivo che denota uno spiccato gusto per l’astrazione, il design grafico e la tipografia. Ciò che caratterizza la sua produzione consiste in una costante ricerca della sintesi visiva, oltre ad un tratto grafico che fonda minimalismo ed espressività.

Nella serie di illustrazioni realizzate per Foscarini, Font racconta visivamente il ruolo della luce e delle lampade Foscarini nel definire e conferire personalità ad un ambiente, sia di notte – quando accese – sia di giorno – quando spente. Sei illustrazioni compongono una sorta di ciclo circadiano in cui la casa sviluppa una propria personalità tramite illusione pareidolitica.

Raccontaci com’è iniziata la tua carriera di artista, da dove è partito tutto? Hai sempre saputo che volevi fare questo nella vita?

Ho cominciato a disegnare da piccolo e mi sono dedicato fin da adolescente ai graffiti, che per molti anni sono stati il mio principale output creativo. Non ho mai ricevuto un’educazione artistica formale e non avevo di certo considerato la possibilità di vivere disegnando fino a quando mi si è presentata quasi per caso l’occasione di imparare a tatuare, che ho afferrato al volo. Nel 2008 ho lasciato il mondo della comunicazione senza pensarci due volte ed è cambiato tutto.

 

Il tuo segno grafico è molto visibile, riconoscibile e distintivo. Come descriveresti il tuo stile e come si è evoluto, grazie alle esperienze che hai avuto?

Sono cresciuto circondato dalle grafiche dei videogiochi prima e delle tavole da skate poi, mia madre insegnava storia dell’arte ma ho sempre preferito quelle illustrazioni così potenti ed evocative alle pale d’altare del Mantegna. Questo ha con tutta probabilità contribuito all’approccio sempre molto grafico che ho sviluppato con i graffiti e poi con tutto il resto. Sintesi, leggibilità e impatto visivo immediato sono gli obiettivi che mi pongo ogni volta che disegno qualcosa, che sia un tatuaggio grande un palmo o un muro lungo trenta metri, e per quanto lavori su molti media diversi tra di loro cerco sempre di utilizzare un linguaggio formale che renda coerente la mia produzione.

 

In questo progetto hai indagato il ruolo delle lampade Foscarini nel trasformare lo spazio – notte e giorno, sia quando accese, sia quando spente. Ci racconti qualcosa di più dell’ispirazione dietro a questa serie?

La parte più interessante del lavorare con un cliente è la possibilità di parlare e soprattutto di ascoltare, cosa fondamentale per trovare nuove angolazioni e nuovi punti di vista. Dal confronto con Foscarini è emersa fin dall’inizio l’importanza della luce in relazione agli spazi: luce non solo notturna, che è ovviamente artificiale e prodotta dalle lampade, ma anche diurna, all’interno della quale le lampade trovano una dimensione diversa in quanto oggetti di design. Ecco allora che la luce (o meglio le luci) e le lampade Foscarini diventano due elementi che, in modi diversi a seconda dell’orario, contribuiscono a definire la personalità della casa, che è a sua volta un riflesso della personalità di chi la arreda e la abita.

 

Ci sono oggetti che ti fanno sentire a casa, ovunque tu sia?

Ho viaggiato costantemente negli ultimi dieci anni e quello che ogni volta mi fa sentire un po’ più vicino a casa sono le macchina fotografiche che porto sempre con me. In un certo senso fanno da ponte tra i posti dove sono e quello in cui tornerò portando con me un pezzo di ogni viaggio.

 

Cosa ne pensi di Foscarini? Com’è stato lavorare con l’azienda su questo progetto?

Mi sono sentito in sintonia fin da subito perché la filosofia che muove l’azienda ruota intorno ai concetti di individualità e personalizzazione, che sono gli stessi sui quali si basa il mio lavoro. Ogni singolo pezzo è un progetto a se stante, non credo nelle soluzioni standard perché sono convinto della necessità di un costante sforzo di aggiornamento e ricerca sia estetica che concettuale.

 

Quali sono le tue fonti di ispirazione e come coltivi la tua creatività?

Le mie fonti di ispirazione sono molto variegate, spesso quasi casuali. Mi affido alla ricerca ma anche alla quotidianità della vita di tutti i giorni: siamo così abituati ad essere circondati da stimoli visivi che in genere non prestiamo attenzione a ciò che vediamo, mentre nella maggior parte dei casi la cosa migliore da fare per trovare l’idea giusta è alzarsi dal foglio da disegno e andare a farsi un giro senza una meta guardandosi intorno.

 

Qual è il tuo processo creativo?

Dipende molto da cosa devo fare. Spesso elaboro le idee lasciandole sedimentare in background mentre faccio tutt’altro, poi traccio delle bozze molto approssimative su carta che passo successivamente ad elaborare in digitale per poi, eventualmente, riversarle di nuovo su carta o tela. Capita sempre più spesso di lavorare per supporti esclusivamente digitali, ma produrre artwork fisici rimane sempre l’output che preferisco.

 

Qual è la tua cosa preferita da disegnare?

Senza dubbio architetture e oggetti spigolosi.

 

Qual è/sono l’illustrazione/le illustrazioni che ti piacciono di più in questa serie e perché?

In realtà mi sono divertito non tanto con una singola illustrazione quanto con il fatto di aver avuto la possibilità di creare, sfruttando i sei soggetti distribuiti su due righe, una serie simmetrica che racconta il ciclo del giorno e della notte. La narrazione è un aspetto fondamentale di qualsiasi opera visiva e l’estetica non dovrebbe mai essere fine a se stessa.

 

Cos’è per te la creatività?

Per quanto mi riguarda è senza dubbio un processo organico che è impossibile separare dalla vita di tutti i giorni.

Segui il progetto “What’s in a lamp?” sul canale Instagram ufficiale @foscarinilamps 
Scopri di più
tags
  • Arte
  • Social media
  • What's in a Lamp
NEWS CORRELATE

Choose Your Country or Region

Europe

Americas

Asia

Africa